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RECENSIONI

JOEL CORRY | L’ALBUM DI DEBUTTO

Redazione | 09/11/2023
JoelCorry

Oggi siamo qui per parlarvi di Joel Corry e del suo album di debutto uscito il 6 Ottobre.

Joel Corry, dj e produttore inglese, è uno tra gli artisti più seguiti del momento.

Attivo sulla scena musicale “solo” da 8 anni, in poco tempo è riuscito ad arrivare al grande successo collaborando insieme ad alcuni tra i nomi più importanti della musica contemporanea come David Guetta, Charli XCX e le Icona Pop, il che è sorprendente per un artista che può essere considerato emergente.

Eppure il fatto che abbia ottenuto popolarità così in fretta non stupisce per due semplici motivi:

– le sue canzoni sono molto brevi e semplici da ascoltare con una durata massima di 3 minuti;

– il suo stile consiste in un’unione di due tra i generi musicali più popolari del momento, ovvero il pop e la house.

Negli ultimi tre anni Joel Corry ha sfornato una hit dietro l’altra e oggi ci propone il suo primo album “Another Friday Night”, dove sono presenti sia brani inediti che sue hit famose: un Best of a metà.

Un album che ho trovato tutto sommato piacevole ma un po’ confusionario, perché se all’incipit dà l’idea di ispirarsi alla musica dance che va dagli ’80 fino ai primi 2000, andando avanti nell’ascolto, dà l’impressione che l’autore non aveva un’idea ben precisa sul prodotto finale.

L’album suona infatti un po’ troppo frammentato: alcune tracce, comprese quelle che già conosciamo bene, non sembrano inserite al posto giusto e musicalmente appaiono scollegate da quella che dovrebbe essere la principale fonte d’ispirazione del disco, ovvero i riferimenti a sonorità passate che si trovano nella maggior parte delle tracce dell’intero progetto. In alcune canzoni sento una carenza di idee, il che mi fa pensare che in questo caso si sia puntato di più sulla quantità che sulla qualità.

Ma per comprendere meglio il mio punto di vista, analizziamo ogni singola traccia dell’album “Another Friday Night”.

1. Another Friday Night (2:31) = Il disco inizia proprio con la canzone che dà il nome all’album. Un buon brano che nelle sonorità ricorda molto la dance anni ’80 con l’aggiunta di un tocco moderno, in linea con le produzioni EDM e pop degli ultimi anni dove si prende spunto da canzoni del passato per inserirle in una struttura musicale attuale. Nella musica elettronica degli ultimi anni molti artisti utilizzano suoni tipici della musica dance degli anni ’80 e ’90 o addirittura dei sample presi da pezzi già esistenti, cercando di conferirgli un tocco fresco e originale.

2. Drinkin’ (2:30) = Già dalla seconda traccia iniziano anche le collaborazioni con le superstar, in questo caso a cantare il pezzo è Rita Ora che già in precedenza ha realizzato dei brani con dj di fama mondiale come Tiësto o Avicii. Questo è il singolo del momento ed è un pezzo house che segue proprio la struttura tipica di un brano moderno di successo; infatti anche qui in Italia è una tra le canzoni più trasmesse (anche dalla nostra radio!). Di sicuro pecca di originalità, ma il brano in sé è molto orecchiabile con un ritornello che ti entra bene in testa.

3. Hey DJ (2:37) = Una delle poche tracce dove l’artista osa e, secondo me, è anche il brano più riuscito del disco. Un pezzo che contiene dei forti richiami alla dance fine anni ’90 ed inizio 2000, che ricorda molto la musica dei Vengaboys e degli Eiffel 65, ma che segue la struttura di una canzone moderna. E’ vero che tutta la musica di oggi si ispira a ciò che è stato fatto in passato e che soprattutto ultimamente c’è una carenza di idee e di inventiva, ma questo pezzo dimostra che pur prendendo spunto da sonorità o stili musicali già esistenti sia possibile comunque realizzare qualcosa di fresco ed innovativo.

4. 0800 HEAVEN (2:39) = Come quarta traccia troviamo una collaborazione con Ella Henderson, cantante inglese che in poco tempo è riuscita a realizzare brani con alcuni tra gli artisti moderni più importanti del momento. Il brano segue la scia della traccia precedente, da qui possiamo comprendere che è la musica anni ’80 e ’90 la principale fonte d’ispirazione di quasi tutto il disco. Di sicuro, ascoltando l’intero progetto, questa risulta una delle tracce di maggiore impatto, ma che rivela già quali siano i punti deboli dell’album: la mancanza di idee e di una vera e propria identità. Dopo questa canzone e fino all’undicesima traccia l’artista ci propone dei suoi vecchi pezzi di successo. Che sia chiaro, questo non è il primo disco che include brani già noti, ma in questo caso tale scelta mi appare eccessiva ed insensata. Forse l’artista voleva ricordarci quali siano state le sue Hit maggiori e le sue più importanti collaborazioni?

5. Lionheart (Fearless) (3:07) = Tralasciando le critiche espresse prima, valide fino all’undicesima traccia, il brano è una produzione molto piacevole che mescola bene la dance moderna con delle sonorità house di fine anni ’90.

6. HISTORY (2:57) = Il brano cantato da Becky Hill è una canzone che segue gli standard di una hit dance pop moderna e radiofonica. Non a caso il pezzo, uscito l’anno scorso, si è rivelato essere uno tra i brani più trasmessi nelle radio. Chiaramente non siamo di fronte a qualcosa di nuovo, ma la canzone scorre molto velocemente anche grazie alla presenza della bella voce della cantautrice inglese che viene messa in risalto in questa produzione.

7. Head & Heart (2.46) = Come settima traccia troviamo il brano che ha reso popolare Joel Corry. Uscito come singolo 3 anni fa, l’immediato successo ottenuto ha portato subito l’artista a collaborare con dei veri e propri big della musica dance e pop contemporanea. Ascoltando attentamente il brano è facile intuire come mai questo pezzo non abbia impiegato molto a diventare una hit di successo. Si tratta infatti di un pezzo Easy Listening con un motivetto e soprattutto un ritornello molto semplici da ricordare. E’ una di quelle canzoni che entrano in testa, che vi ritroverete a fischiettare e che difficilmente scorderete.

8. BED (2:58) = Com’è già stato detto prima, il successo immediato ottenuto con il singolo “Head & Heart” l’ha portato subito a collaborare con nomi importanti. In questo caso, ad affiancare Joel Corry troviamo la cantante inglese Raye e soprattutto il francese David Guetta che ritroveremo verso il finale in un’altra traccia del disco. Lavorando insieme ad uno tra i dj più importanti della musica pop e dance contemporanea, di certo la canzone non poteva passare inosservata ed infatti ha, fin da subito, ottenuto dei buoni risultati nelle classifiche di tutto il mondo, diventando uno tra i pezzi più ascoltati del 2021, molto semplice ed orecchiabile.

9. OUT OUT (2:43) = Anche questa canzone, come la traccia precedente, risale al 2021. Questo brano mette maggiormente in evidenza quello che, dal mio punto di vista, è il problema principale di questo disco. Essendo una collaborazione con Jax Jones, Charli XCX e la rapper Saweetie, tre tra gli artisti moderni di musica pop e dance più ascoltati, nutrivo delle alte aspettative alte. Ma a malincuore mi tocca dire che questo non è solo il pezzo più debole del disco, ma trovo anche che sia una tra le canzoni dance moderne meno riuscite. Questo brano riprende la melodia completa di “Alors On Danse” di Stromae del 2009 e, già la scelta di prendere un campione da un disco abbastanza recente e che ha ottenuto un successo mondiale, mi fa storcere un po’ il naso. Che sia chiaro, io non sono affatto contro l’uso del sample, ma se si decide di riprende la melodia di un brano già esistente per creare un pezzo inedito allora è necessario realizzare una produzione che sappia prendere le distanze dal brano originale in modo tale che il risultato finale non suoni come una sorta di rifacimento. Il problema però è chi qui non è stata presa soltanto una piccola parte della canzone: questo pezzo utilizza l’arrangiamento completo del brano suonando quasi come una cover con il testo cambiato e non come una produzione inedita. C’è una vera e propria mancanza di inventiva perché questa canzone non aggiunge nulla di nuovo al brano originale, anzi lo snatura con una ritmica fin troppo scontata ed un’interpretazione vocale abbastanza piatta e a tratti anche un po’ fastidiosa. In conclusione, si tratta di un pezzo che passa del tutto inosservato e che, personalmente, mi ha lasciato l’amaro in bocca.

10. Desire (2:39) = La canzone vede la collaborazione del duo svedese Icona Pop e qui ci troviamo ad un interessante cambio di stile. Questa è una produzione house dall’approccio più da Club rispetto a quanto è stato ascoltato fino ad ora, che segue la struttura di un disco EDM “mainstream”. Che il brano voglia essere soprattutto radiofonico lo si evince dalla presenza di un ritornello che viene ripetuto per quasi tutta la sua durata, ma non ci riesce del tutto a causa delle sonorità utilizzate. Nonostante ciò, questa canzone sta comunque ottenendo dei buoni risultati e infatti, qui in Italia, è uno tra i pezzi più ballati del momento.

11. Do Your Mind (2:47) =  Con questa canzone si torna a delle sonorità dance fine anni ’90 / primi 2000. Pur seguendo la scia delle tracce 3 e 4, si distingue per l’utilizzo di suoni più contemporanei. E’ un brano molto fresco che musicalmente prende spunto dallo stile dei Vengaboys, però aggiornandolo. A tratti ricorda “Easy” di Timmy Trumpet, ma qui non c’è una semplice ispirazione al passato. Per la realizzazione di questo brano sono stati usati dei software moderni che conferiscono alle sonorità passate un tono molto fresco. Anche l’arrangiamento è molto attuale. Insomma, un brano che prende spunto dalla musica di quegli anni ma che suona come una canzone moderna senza dare l’idea di un qualcosa di già sentito. Pezzo molto interessante, uno tra i più particolari e riusciti dell’album. Meno comprensibile invece il suo posizionamento nella tracklist del disco: passare da un brano più da Club ad una canzone come questa, l’ho trovato un po’ troppo forzato.

12. Dance Around It (2:25) = E qui invece si ritorna a delle sonorità più cupe, anche se questo è comunque un brano abbastanza radiofonico. La seconda parte della tracklist è davvero molto confusionaria, si ha davvero la sensazione che non c’è un progetto artistico e che non si sappia in che ordine mettere le canzoni. Questo perché, a parte il pezzo precedente, la seconda parte è composta da brani che, oltre ad essere diversi tra loro, non si legano bene con la prima parte del disco. Tornando alla canzone, qui è interessante l’utilizzo di suoni dark da Club in un brano dall’approccio “mainstream” che, a differenza della collaborazione con le Icona Pop, può dire la sua sia in radio che ad un festival.

13. Do U Want Me Baby? (2:23) = Pezzo molto soft che presenta un’interpretazione vocale molto robotica. Un brano molto tranquillo dall’approccio melodico, da ascoltare. Ha delle vibes da brano estivo, anche se la linea melodica è un po’ scontata.E’ un pezzo statico che non si evolve e forse alla lunga può anche stancare, però molto piacevole all’ascolto e sicuramente radiofonico. Personalmente avrei un po’ evoluto l’arrangiamento e non avrei abusato dell’Auto-Tune nel ritornello per rendere il pezzo più interessante.

14. Sorry (3:09) = E’ il brano meno recente di questo disco ed è un normale pezzo house che risale a 4 anni fa. In questo caso il passaggio tra la traccia precedente e questa funziona bene, anche perché sono 2 brani molto simili tra loro. Anche questo è un brano da ascoltare che però risulta più interessante rispetto al precedente per la presenza di alcune leggere evoluzioni dal primo ritornello che lo rendono meno statico, con una base quasi tendente alla slap house grazie alla presenza di bassi belli profondi.

15. Lonely (3:11) = Conosciamo bene questo pezzo house di 3 anni fa: si tratta di una produzione che segue tutti gli standard di un brano moderno. E’ una canzone molto semplice con un ritornello orecchiabile e facile da ricordare. Più o meno la struttura è la stessa della traccia precedente, con la differenza che qui troviamo un’interpretazione vocale più potente ed acuta. Sicuramente il pezzo è molto orecchiabile, ma da qui l’ascolto del disco inizia a diventare pesante per la presenza di brani già usciti qualche anno fa molto simili tra di loro che allungano il disco inutilmente e non gli danno un concept ben chiaro. A questo punto, sarebbe stato meglio escludere queste tracce e tenere solo i brani inediti per rendere l’album più piacevole e scorrevole all’ascolto.

16. I Wish (3:02) = Proseguendo il discorso fatto prima troviamo una traccia di 2 anni fa. Anche questa è una canzone house che però, a differenza dei brani precedenti, presenta una melodia più accattivante che dà una leggera variazione ad una seconda parte un po’ sottotono e scollegata rispetto alla prima.

Diciamo che questo disco segue due filoni molto distaccati tra di loro perchè da una parte abbiamo dei brani dance e house con sonorità che prendono spunto dal passato, dall’altra però abbiamo dei classici pezzi house moderni e delle canzoni con sonorità da Club che, prese singolarmente, sono dei brani fatti bene, ma nell’insieme cozzano e rendono l’album gradevole ma un po’ confusionario e a tratti anche difficile all’ascolto.

17. What Would You Do? (2:54) = Come penultima traccia troviamo la seconda collaborazione con David Guetta e finalmente avvertiamo un leggero cambio di sonorità. Si tratta di un brano house radiofonico come i precedenti, ma la presenza di una tastiera elettronica unita al pianoforte e un leggero cambio di ritmo conferiscono un po’ di varietà. Un altro punto a favore di questo pezzo sono alcune piccole variazioni nell’interpretazione vocale. A tratti viene data alla voce un leggero effetto di eco e l’utilizzo non esagerato dell’Auto-Tune dà un valore in più al brano. Pezzo meno memorabile rispetto alla precedente collaborazione tra i due artisti, ma comunque di buona fattura.

18. The Parade (2:39) = L’ultima traccia del disco è in realtà una cover di un brano del 1997 dei Da Hool dal titolo “Meet Her at the Love Parade”. Questa, insieme all’undicesima traccia, è l’unica canzone della seconda parte del disco che si distacca dagli altri brani e in parte si ricollega all’incipit dell’album proprio perché si tratta di un rifacimento di un brano degli anni 90’.E’ una canzone da Club, un brano strumentale non da radio ma perfetto per i festival.Non è nulla di nuovo, ma il pezzo funziona e chiude bene un buon disco con tante idee un po’ raffazzonate.

Leonardo Marchese

Written by Redazione





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