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RECENSIONI

“TELOS” | IL NUOVO ALBUM DI ZEDD

Leonardo Marchese | 27/09/2024

Zedd, dj producer tedesco di origine russa, è un artista che, di certo, non ha bisogno di presentazioni.
Diventato celebre grazie al suo particolare stile elettronico, fuso principalmente con la Progressive House, in pochissimi anni è riuscito ad affermarsi nel mainstream arrivando addirittura a collaborare con celebrità del Pop contemporaneo del calibro di Selena Gomez e Ariana Grande.
Dopo i suoi primi due album, “Clarity” (2012) e “True Colors” (2015), che l’hanno consacrato nella scena EDM contemporanea, l’artista si è spostato sempre più verso il Pop, abbandonando quasi del tutto quelle sonorità che l’hanno reso uno tra i nomi di punta nel panorama della musica elettronica di oggi.
La sua evoluzione artistica non è stata molto apprezzata dai suoi seguaci, in particolare da quelli legati al suo vecchio stile.
Tuttavia, negli ultimi anni, pur continuando a produrre brani di prevalente impronta Pop, l’artista, in qualche brano, ha ripescato sonorità del suo vecchio stile.
Basta pensare al brano di due anni fa “Follow“, frutto della collaborazione con Martin Garrix, al remix rilasciato per “Where You Are” di John Summit, oppure al brano che ha anticipato l’uscita di questo suo nuovo attesissimo album intitolato “Telos”.
Uscito il 30 agosto, a distanza di ben 9 anni dal suo ultimo lavoro, il nuovo progetto è stato anticipato da due singoli che hanno fatto presagire un disco concettualmente diviso a metà.

Se il primo singolo rilasciato, “Out of Time”, è un pezzo realizzato per i vecchi fan, il secondo, “Lucky”, è invece una canzone che possiede tutte le caratteristiche dei pezzi più recenti.
In realtà, nonostante ci sia qualche brano ispirato al suo passato, questo è un progetto più improntato al Pop, composto da brani che potenzialmente possono ben funzionare in radio, ad eccezione della terza traccia del disco, “Shanti”.
L’album sembra dividersi in due parti: nella prima parte offre brani dalle sonorità abbastanza note, per poi, circa a metà, dare spazio alla sperimentazione, arrivando perfino ad osare qualcosa di mai sentito finora.
Pur apprezzando il coraggioso tentativo di provare a fare qualcosa di completamente fuori dagli schemi, ho gradito di più le canzoni in cui l’artista si cimenta nel suo classico stile.

Fa eccezione l’ultima traccia, realizzata in collaborazione con i Muse, che ritengo sia non solo il brano migliore dell’intero progetto, ma anche una delle produzioni più riuscite dell’intera carriera di Zedd.

Detto ciò, direi di passare subito alla consueta analisi track by track:

1. Out of Time (3:42) = La prima traccia del disco, che ho molto apprezzato, è un vero e proprio ritorno al suo classico stile Progressive House unito all’elettronica.
Chi non ha gradito l’evoluzione artistica del dj tedesco di origine russa, di sicuro troverà pane per i suoi denti con questo brano d’apertura.

2. Tangerine Rays (4:12) = Da una canzone molto rapida, si passa subito ad un pezzo lento che esprime appieno l’intero percorso musicale attraversato dal Producer nel corso degli anni.
Questo è un brano molto radiofonico che unisce perfettamente il Pop con il suo stile elettronico e, personalmente, trovo sia uno dei pezzi più interessanti di tutto l’album.

3. Shanti (3:25) = La terza traccia è l’unico brano non mainstream di tutto il disco.
Si tratta di una canzone quasi tutta strumentale dalle sonorità molto dure con forti ispirazioni prese in prestito dalla musica araba.
Risulta uno dei pezzi più complessi, un brano da riascoltare tante volte per poter essere ben compreso.
Ritengo sia la traccia che si distingue di più dell’intero progetto, anche questa tra le mie favorite.

4. No Gravity (3:34) = È l’unico brano che ho trovato poco convincente.
Le sonorità ispirate alla musica di un videogioco e la parte ritmica, molto particolare e rilassata, insieme funzionano, ma non si evolvono .
È un pezzo musicalmente statico e la voce, in particolare nella seconda strofa, modificata con l’utilizzo dell’Auto-Tune, non mi convince affatto.
Insomma, un brano che all’inizio promette bene ma che non si sviluppa, restando veramente piatto.

5. Sona (3:08) = La quinta traccia è il pezzo più difficile da comprendere, un brano tutto strumentale dove lo stile elettronico di Zedd si unisce alla musica tradizionale irlandese.
Un esperimento molto audace che però non risulta particolarmente intrigante.

Nonostante ciò, si tratta di un buon pezzo, qualcosa che comunque si distingue.

6. Lucky (2:07) = E’ Il pezzo più radiofonico di tutto l’album, ma non per questo banale.
È un brano Elettropop che segue la classica struttura di un pezzo contemporaneo.
Il potenziale radiofonico del brano è enorme, è una canzone di ottimo livello che, già dal primo ascolto, ti entra subito in testa.
Una sola critica: l’ho trovata troppo corta.

7. Dream Brother (4:58) = Brano dalle atmosfere molto cupe ma interessante, un altro pezzo che necessita di tanti ascolti per essere ben compreso.
Ad un primo impatto, infatti, può lasciare piuttosto indifferenti perché il pezzo in sé è un po’ statico.
Qui l’intento non era quello di realizzare qualcosa di ben articolato, ma di trasmettere una sensazione di inquietudine sia attraverso l’arrangiamento che con la voce.
Direi che l’obiettivo è stato centrato in pieno ed il pezzo è davvero di ottima fattura.

8. Descensus (3:05) = Qui c’è un ulteriore ritorno allo stile che ha consacrato il dj mescolato a delle sonorità per lui inedite che strizzano l’occhio alla Future Bounce.
Seppur di buona fattura, ho trovato che l’arrangiamento sia simile a quello di “Limitless”, brano di Martin Garrix & Mesto uscito due anni fa.
Quindi: pezzo promosso ma non a pieni voti in quanto pecca di originalità.

9. Automatic Yes (3:25) = Sonorità elettroniche molto particolari in questa produzione molto soft dall’approccio Pop.
Musicalmente è uno dei brani più interessanti anche per la presenza di un assolo di chitarra, cosa molto insolita in una canzone del genere, che però funziona bene.

Il pezzo presenta anche qualche piccolissima influenza Funk.

10. 1685 (6:11) = Il disco si chiude con quella che è in assoluto la mia canzone preferita dell’album.
Realizzata in collaborazione con i Muse, il brano è una perfetta unione tra lo stile del dj e quello della band.
Musicalmente il pezzo è un continuo crescendo.

Parte molto lento, quasi come una ninna nanna, anche per la presenza di una voce modificata nella prima strofa, per poi ingranare la marcia e trasformarsi in un brano elettronico.
Ad un primo ascolto, il minuto e mezzo finale composto da violini, ispirato molto alla musica classica, sembra slegato da tutto il resto.
Però, riascoltando la canzone tante volte, non solo funziona bene, ma dà qualcosa in più al pezzo che, per quanto mi riguarda, non ha nulla fuori posto.

Leonardo Marchese

 

Fonte foto: Facebook

Written by Leonardo Marchese





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